Deve escludersi la sussistenza della circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, comma 1, n. 5 cod. pen. laddove l’imputato, nonostante l’indole incline all’aggressione in danno di vittime inermi e indifese, non sia a conoscenza al momento del fatto dell’invalidità psichica della persona offesa. Dunque “non può ritenersi che egli abbia agito approfittando di quella condizione, quanto piuttosto che abbia agito incurante di tutto” (G.i.p. Monza, sentenza n. 85/2020).
“Le circostanze di persona che, ai sensi dell’art. 61, comma 1, n. 5, c.p., aggravano il reato quando l’agente ne approfitti possono consistere in uno stato di debolezza fisica o psichica in cui la vittima del reato si trovi per qualsiasi motivo; esse devono risultare favorevoli all’agente, ovvero essere da lui conosciute, nonché tali da ostacolare, in relazione alla situazione fattuale concretamente esistente, la reazione dell’Autorità pubblica o dei privati parti lese, agevolando in concreto la commissione del reato, in quanto determinanti uno stato di minorata difesa della vittima tale da facilitare l’impresa delittuosa. La relativa valutazione va operata dal giudice caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o, comunque, ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile” (Cass. pen., sez. II, n. 13933/2015).