Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta documentale cosiddetta generale (che punisce l’imprenditore che ha tenuto i libri o le altre scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari) è sufficiente il dolo generico: la sola consapevolezza dell’incompletezza delle scritture contabili e della difficoltà nella ricostruzione del patrimonio societario integra la fattispecie di reato, a prescindere dalla volontà di arrecare un concreto pregiudizio ai creditori (Corte d’Appello Milano, sez. II pen., sent. n. 6824/2018).
“L’integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216 comma 1 n. 2 l. fall. richiede il dolo generico, ossia la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, in quanto la locuzione “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari” connota la condotta e non la volontà dell’agente, sicché è da escludere che essa configuri il dolo specifico” (Cass. pen., sez. V, n. 21872/2010).