RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI DIPENDENTE DA REATO – MISURE CAUTELARI INTERDITTIVE

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In materia di misure cautelari interdittive applicabili all’ente per illecito dipendente da reato, la valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi deve essere riferita alla fattispecie complessa che integra l’illecito stesso. Pertanto l’ambito di valutazione del giudice deve comprendere non soltanto il fatto di reato, cioè il primo presupposto dell’illecito amministrativo, ma estendersi ad accertare la sussistenza dell’interesse o vantaggio derivante all’ente e il ruolo ricoperto dai soggetti indicati dall’art. 5 comma primo lett. a) e b) d.lgs. n. 231, verificando se tali soggetti abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi; inoltre, è necessario accertare la sussistenza delle condizioni indicate nell’art. 13 d.lgs. n. 231, che subordina l’applicabilità delle sanzioni interdittive alla circostanza che l’ente abbia tratto dal reato un profitto di rilevante entità ovvero, in alternativa, che l’ente abbia reiterato nel tempo gli illeciti; infine, anche nella fase cautelare il giudice deve fondare la sua valutazione in rapporto ad uno dei due modelli di imputazione individuati negli art. 6 e 7 d.lgs. 231, l’uno riferito ai soggetti in posizione apicale, l’altro ai dipendenti, modelli che presuppongono un differente onere probatorio a carico dell’accusa (Cass. pen., sez. VI, 23.06.2006, n. 32627).

La valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari che costituiscono, insieme al fumus commissi delicti, il presupposto per l’applicazione delle misure cautelari interdittive a carico dell’ente, implica l’esame di due tipologie di elementi: la prima, di carattere oggettivo, attiene alle specifiche modalità e circostanze del fatto e può essere evidenziata dalla gravità dell’illecito e dalla entità del profitto; l’altra, di natura soggettiva, attiene alla personalità dell’ente, e per il suo accertamento devono considerarsi la politica di impresa attuata negli anni, gli eventuali illeciti commessi in precedenza e, soprattutto, lo stato di organizzazione dell’ente (Cass. pen., sez. VI, 23.06.2006, n. 32626).

In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, deve escludersi l’applicabilità, come misura cautelare, di sanzioni interdittive che non rientrino tra quelle irrogabili in via definitiva all’esito del giudizio di merito. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame con la quale era stata ritenuta legittima l’applicazione, in via cautelare, dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, prevista dall’art. 9 comma 2 lett. a), d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, nonostante che tale sanzione non faccia parte di quelle che, in relazione all’ipotizzato reato di truffa aggravata, sarebbero state irrogabili in via definitiva, ai sensi dell’art. 24 comma 3 del citato d.lgs.) (Cass. pen., sez. II, 26.02.2007, n. 10500).

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