In tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua volta, è costituito dal lucro cessante, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato (Cass. pen., sez. un., 3.07.1996, n. 9149).
La previsione della “confisca per equivalente” trova la sua ratio nell’esigenza di privare il reo di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredirne l’oggetto principale, ossia i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume i tratti distintivi di una vera e propria sanzione. In questa prospettiva, la confisca per equivalente è rivolta a superare gli ostacoli e le difficoltà per l’individuazione dei beni in cui si “incorpora” il profitto iniziale, nonché a ovviare ai limiti che incontra la confisca dei beni di scambio o di quelli che ne costituiscono il reimpiego. Ciò comporta che tale confisca (a differenza dell’ordinaria confisca prevista dall’art. 240 c.p., che può avere a oggetto soltanto cose direttamente riferibili al reato) può riguardare beni che, oltre a non avere alcun rapporto con la pericolosità individuale del reo, neppure hanno alcun collegamento diretto con il singolo reato (Cass. pen., sez. I, 27.10.2009, n. 42894).
In tema di responsabilità da reato degli enti, la confisca del profitto del reato presupposto, in quanto sanzione principale ed autonoma, ha natura obbligatoria, anche nella forma per equivalente, atteso che il ricorso da parte del legislatore alla locuzione “può”, nel secondo comma dell’art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001, debba essere imputato non già all’intenzione di configurare la suddetta confisca di valore come meramente facoltativa, bensì alla volontà di vincolare il dovere del giudice di procedervi alla previa verifica dell’impossibilità di provvedere alla confisca diretta del profitto del reato e dell’effettiva corrispondenza del valore dei beni oggetto di ablazione al valore di quest’ultimo (Cass. pen., sez. VI, 10.01.2013, n. 19051).