Quanto all’elemento psicologico del reato, ai fini della sussistenza dei requisiti di carattere soggettivo della diffamazione è sufficiente il dolo generico, cioè la mera percezione, rapportata all’uomo medio, della capacità offensiva delle espressioni adoperate, anche senza la specifica intenzione di offendere l’altrui reputazione (c.d. animus diffamandi), con la volontà di usare espressioni offensive nella consapevolezza (anche implicita) della loro astratta idoneità a ledere l’altrui reputazione, concretatasi nella coscienza e volontà dell’azione diffamatoria, che consiste nell’idoneità a porre in pericolo il bene giuridico tutelato (C. App. Milano, 16.04.2004 e 19.04.2002 n. 958).
Ai fini dell’integrazione dell’elemento psicologico nel delitto di diffamazione è sufficiente la sussistenza del dolo generico che può anche assumere la forma del dolo eventuale, in quanto è sufficiente che l’agente, consapevolmente, faccia uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, cioè adoperate in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere senza un diretto riferimento alle intenzioni dell’agente (Cass. pen., 16.12.1998, n. 212343).