Al riguardo mette conto solo precisare che il delitto di cui all’art. 380 co. 1 cod pen è reato di evento che, fermo il presupposto dell’inerenza dell’infedeltà ad un procedimento giudiziario già iniziato, richiede per il suo perfezionamento in primo luogo una condotta del patrocinatore che sia irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini superiori di giustizia a tutela della parte da lui assistita o rappresentata (cfr. i doveri di lealtà, probità, fedeltà, segretezza, diligenza costituenti i principi di deontologia professionale espressamente o per implicito enunciati o sottesi anche nella formula di giuramento: v. art. 29 legge professionale e art.88 c.p.c.) e, in secondo luogo un evento che implichi un nocumento agli interessi di detta parte: inteso quest’ultimo non necessariamente in senso civilistico di danno patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento dei beni giuridici e dei benefici di ordine anche soltanto morale che alla stessa parte sarebbero potuti derivare dal corretto e legale esercizio del patrocinio legale.
In questa prospettiva la condotta illecita può consentire non solo nella violazione del segreto professionale, nella dolosa decadenza delle prove, nella volontaria inosservanza dei termini processuali, nello sfruttamento del processo per scopi pubblicitari a scapito del risultato ecc…, ma anche nello occultamento di notizie o nella comunicazione di notizie false e fuorvianti nel corso del processo. A sua volta l’evento può essere rappresentato, oltre che dalla compromissione o dal ritardo dell’esito finale del processo anche dal mancato conseguimento dei beni e vantaggi formanti oggetto di decisioni assunte dal giudice nelle fasi intermedie o incidentali di una procedura. Ed è d’uopo aggiungere in via di principio – perché qui rilevante – che bene è ipotizzabile il concorso materiale dei reati di patrocinio infedele e di truffa nel caso del patrocinatore che, con la sua condotta infedele, posta in essere in uno dei modi dianzi esemplificativamente enunciati, oltre a recare nocumento alla parte da lui assistita o rappresentata in giudizio, procuri dolosamente a se stesso un ingiusto profitto che può essere costituito, se frutto di dolo (dolo generico), anche da un viaggio di piacere all’estero retribuito o spesato dalla cliente come meglio descritto al capo B della imputazione (Cass. pen. sez. VI,13.03.1996, n. 2689).
Bene è ipotizzabile il concorso materiale dei reati di patrocinio infedele e di truffa nell’ipotesi in cui il patrocinatore, con la sua condotta infedele, occultando notizie o comunicando notizie false sul corso del processo, oltre a recare danno alla parte assistita procuri dolosamente a sè stesso un ingiusto profitto (Cass. pen. sez. VI, 13.03.1996, n. 2689).
Il delitto di cui all’art. 380 comma 1 c.p. (patrocinio infedele) è un reato che richiede per il suo perfezionamento, in primo luogo, una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita ed, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest’ultimo, inteso questo non necessariamente in senso civilistico di danno patrimoniale, ma anche nel senso di mancato conseguimento dei beni giuridici o dei benefici di ordine anche solo morale che alla stessa parte sarebbero potuti derivare dal corretto e leale esercizio del patrocinio legale. D’altro canto la condotta illecita può consistere anche nell’occultamento di notizie o nella comunicazione di notizie false e fuorvianti nel corso del processo; a sua volta l’evento può essere rappresentato anche dal mancato conseguimento di vantaggi formanti oggetto di decisione assunte dal giudice nelle fasi intermedie o incidentali di una procedura. (Principi affermati con riguardo a fattispecie nella quale il difensore, in una causa civile, aveva nascosto al cliente il reale ammontare della provvisionale accordata dal giudice istruttore) (Cass. pen. sez. VI, 13.03.1996, n. 2689).