L’esposizione all’interno dell’autovettura di un contrassegno contraffatto da parte del privato, se certo integra il reato di falsità materiale in autorizzazioni amministrative, non configura il diverso reato di truffa di cui all’art. 640 cod. pen. Non è infatti ravvisabile, nell’ipotesi sopra descritta, alcun atto dispositivo conseguente all’induzione in errore, in quanto il profitto si realizza istantaneamente grazie all’elusione dei controlli, senza che ricorra la sequenza “artificio – induzione in errore – profitto” tipica della truffa (G.i.p. Torino, ordinanza 12.11.2018).
“Non integra il delitto di truffa la condotta di chi espone sul parabrezza di un’autovettura la riproduzione scannerizzata di un permesso per disabili rilasciato ad un terzo, giacché difetta, quale requisito implicito della fattispecie, l’atto di disposizione patrimoniale, che costituisce l’elemento intermedio derivante dall’errore ed è causa dell’ingiusto profitto con altrui danno; detta condotta integra, invece, l’illecito amministrativo di cui all’art. 188, commi 4 e 5, c. strad., che contempla tutte le possibili ipotesi di abuso delle strutture stradali riservate agli invalidi (In motivazione la S.C., nel disattendere la prospettazione del p.m. ricorrente, secondo cui l’atto di disposizione patrimoniale integrante la truffa può consistere anche in un’omissione idonea a produrre danno, nella specie coincidente con la copia del permesso esposta sul parabrezza, ha rilevato che il reato non sarebbe comunque ipotizzabile, mancando la necessaria cooperazione della vittima)” (Cass. pen., sez. II, n. 11492/2017).