Deve escludersi la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi di cui all’art. 572 cod. pen. laddove non vi sia prova di condotte “che si siano sostanziate nell’imposizione al coniuge e ai figli, da parte dell’imputato, di un sistema di vita caratterizzato da sofferenze, afflizioni, lesioni dell’integrità fisica o psichica” (G.i.p. Milano, sent. 12 dicembre 2016).
“Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 572 c.p. la materialità del fatto deve consistere in una condotta abituale che si estrinsechi con più atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica o morale del soggetto passivo, infliggendogli abitualmente tali sofferenze” (Cass. pen., sez. VI, n. 6661/2016).
“I maltrattamenti in famiglia integrano un’ipotesi di reato necessariamente abituale che può caratterizzarsi anche per la contemporanea sussistenza di fatti commissivi e omissivi, i quali acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo, perfezionandosi allorché si realizza un minimo di tali condotte collegate da un nesso di abitualità” (Cass. pen., sez. VI, n. 34480/2012).