In tema di colpa medica nell’attività di équipe ciascuno dei soggetti che si dividono il lavoro risponde dell’evento illecito non solo per non aver osservato le regole di diligenza, prudenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte ma altresì per non essersi fatti carico dei rischi connessi agli errori riconoscibili commessi nelle fasi antecedenti o contestuali al suo specifico intervento (Cass. pen., sez. IV, 11.10.2007, 41317).
Il principio di affidamento non è invocabile sempre e comunque, dovendo contemperarsi, con il concorrente principio della salvaguardia degli interessi del soggetto nei cui confronti opera la posizione di garanzia. Non è certamente invocabile infatti allorché l’altrui condotta colposa si innesti sull’inosservanza di una regola precauzionale proprio da parte di chi invoca il principio: ossia allorché l’altrui condotta colposa abbia la sua causa proprio nel non rispetto delle norme cautelari o specifiche o comuni da parte chi vorrebbe che quel principio operasse (Cass. pen., sez. IV, 5.11.2009, n. 43958, in senso conforme Cass. pen., sez. IV, 3.11.2011, n. 46961).
Non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per aver violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, insieme o che eventualmente gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione (Cass. pen, sez. IV, 18.06.2009, n. 36580).
In caso di intervento operatorio ad opera di “équipe” chirurgica, e più in generale nella ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, ogni sanitario è tenuto ad osservare, oltre che il rispetto delle regole di diligenza e prudenza connessi alle specifiche e settoriali mansioni svolte, gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ogni sanitario, quindi, non può esimersi dal conoscere e valutare (nei limiti e termini in cui sia da lui conoscibile e valutabile) l’attività precedente e contestuale di altro collega e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (Cass. pen., sez. IV, 2.04.2010, n. 19637).
(Nel caso di specie, sia il chirurgo che l’anestesista erano stati ritenuti responsabili per lesioni riportate dalla paziente in seguito ad un intervento chirurgico e riconducibili all’errato posizionamento sul lettino operatorio).