È costituzionalmente illegittimo l’art. 517 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione. L’imputato che subisce una contestazione suppletiva dibattimentale viene a trovarsi in posizione diversa e deteriore – quanto alla facoltà di accesso ai riti alternativi e alla fruizione della correlata diminuzione di pena – rispetto a chi della stessa imputazione fosse chiamato a rispondere fin dall’inizio, sicché è fonte di ingiustificata disparità di trattamento e di compromissione delle facoltà difensive, in ragione dei tempi e dei modi di formulazione dell’imputazione, la circostanza che, a fronte di tutte le altre forme di esercizio dell’azione penale, l’imputato possa liberamente optare, senza condizioni, per il giudizio abbreviato, mentre analoga facoltà non gli sia riconosciuta nel caso di nuove contestazioni, se non nelle ipotesi – oggetto della sentenza n. 333 del 2009 – di modifiche tardive dell’addebito sulla base degli atti di indagine. La detta esclusione risulta altresì irragionevole e fonte di ingiustificate disparità di trattamento anche in ragione del fatto che, in taluni casi, l’imputato potrebbe recuperare detta facoltà per circostanze puramente “occasionali”, che determinino la regressione del procedimento, ovvero come conseguenza della decisione del p.m. di esercitare separatamente l’azione penale per il reato connesso (Corte Cost., 26.10.2012, n. 237).