Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore ed all’omissione di doverose misure antinfortunistiche (Trib. Milano, sez. V pen., 11.07.2013, n. 9080).
Non appare giuridicamente configurabile un concorso di colpa del lavoratore nel caso di violazione, da parte di altre persone, di norme espressamente dirette a prevenire proprio le conseguenze di tali suoi comportamenti colposi. Non v’è concorso di colpa se il lavoratore che presta la sua attività in altezza e non è stato munito delle cinture di sicurezza pone un piede in fallo per disattenzione; o nel caso in cui, sempre per disattenzione (e quindi per una condotta negligente) viene a contatto con un meccanismo in movimento non protetto e in tutti i casi consimili nei quali la funzione della regola cautelare è diretta a prevenire proprio le conseguenze di tali condotte negligenti (o anche imprudenti o imperite) (Trib. Milano, sez. V pen., 11.07.2013, n. 9080).
In materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, prestino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (Cass. pen., sez. IV, n. 34774 del 27.9.2010).
La dimenticanza del lavoratore pur debitamente formato e fornito dello strumento di sicurezza che non ha provveduto ad allacciare in modo adeguato il cordino di sicurezza è stata la causa assorbente che ha determinato l’evento lesivo, non impedendo di arrestare la caduta provocata dal malore.
Trattasi di causa non solo imprevedibile ma anche inevitabile giacché il contesto della prestazione del lavoro non poteva certo consentire al titolare della posizione di garanzia una persistente attività di costante verifica dell’utilizzo dello strumento di sicurezza (Cass. pen., sez IV, 19 marzo 2012, n. 10712).
La condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire tale carattere non solo alla condotta tenuta in un ambito estraneo alle mansioni affidate al lavoratore e, pertanto, concettualmente al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro, ma anche a quella che pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (Cass. pen., sez. IV, 10.11.2009-23.02.2010, n. 7267).