DELITTI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA – MANCATA ESECUZIONE DOLOSA DI UN PROVVEDIMENTO DEL GIUDICE CIVILE RELATIVO ALL’AFFIDAMENTO DI MINORI O DI ALTRE PERSONE INCAPACI (ART. 388 COMMA 2 C.P.) – ELEMENTI COSTITUTIVI

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Deve ritenersi integrato il reato di cui all’art. 388 comma 2 cod. pen. laddove il genitore co-affidatario, senza usare il minimo di accortezza e buon senso, consenta l’incontro vietato dall’autorità giudiziaria tra il figlio minore, persona offesa del reato di violenza sessuale e lo zio, autore dello stesso e anch’egli minore, senza che si possa dunque invocare alcuna giustificazione accidentale per spiegare l’accaduto (nella specie, la madre del soggetto minore, persona offesa del reato di violenza sessuale, consentiva in almeno due occasioni l’incontro tra quest’ultimo e lo zio, autore del reato. In una prima occasione la donna si recava con il figlio a casa dei nonni, dove risiedeva lo zio che, mentre usciva di casa, salutava il nipote da lontano. In altra occasione la donna al rientro dalle vacanze passava insieme al figlio dalla casa dei nonni per ritirare le chiavi di casa, occasione in cui il figlio uscendo dall’auto per andare incontro alla nonna entrava nella proprietà dei nonni e scambiava un saluto da lontano con lo zio) (Trib. Sondrio, sentenza n. 191/2019).

Contra
“In materia di elusione di un provvedimento del giudice relativo all’affidamento di minori (art. 388, comma 2, c.p.), pur trattandosi di reato punito a titolo di dolo generico, per la cui configurabilità sono quindi sufficienti la coscienza e la volontà di disobbedire al provvedimento del giudice, può costituire valida causa di esclusione della colpevolezza la sussistenza di un plausibile e giustificato motivo idoneo a scriminare il rifiuto di dare esecuzione al provvedimento giudiziale: tale motivo, pur non richiedendo gli elementi tipici dell’esimente dello stato di necessità, deve essere determinato dalla volontà di esercitare il diritto – dovere di tutela dell’interesse del minore in una situazione sopravvenuta che, per il momento del suo avverarsi e per il carattere meramente transitorio, non abbia potuto essere devoluta al giudice per l’opportuna eventuale modifica del provvedimento” (Cass. pen., sez. VI, n. 32440/2014).

“Occorre dunque valutare la condotta del genitore agente alla luce della superiore necessità di tutelare l’interesse morale e materiale del minore, soggetto di diritti e non già mero oggetto di finalità esecutive perseguite da altri […] il giudice d’appello non ha chiarito perché, a fronte della dedotta casualità dell’incontro – obiettivamente non smentita dalle concrete modalità con le quali si svolsero i fatti (secondo la narrazione della persona offesa) ed espressamente accreditata dalla stessa Corte allorché ha negato la sussistenza dei presupposti per la continuazione con l’altro reato -, non si siano valutate possibili ricostruzioni alternative dei fatti ed, in particolare, la possibilità che F. si sia trovato “costretto” a stabilire il contatto con il minore, di cui era pur sempre genitore sebbene gravato dal divieto di incontro, ed abbia dunque tenuto il comportamento incriminato agendo “a tutela esclusiva dell’interesse del minore”, che avrebbe potuto subire ripercussioni emotive negative dal comportamento del padre che avesse finto di non vederlo” (Cass. pen., sez. VI, n. 36406/2014).

“Corrisponde pertanto a massima di comune esperienza l’assunto che normalmente l’assolutamente occasionale inosservanza delle modalità – temporali, logistiche o afferenti altro aspetto del genere – indicate nei provvedimenti giudiziari afferenti la disciplina di affidamento dei figli minori non sia idonea, per sé, a concretizzare l’elusione del provvedimento, salvo che si tratti di inosservanza che, per le specifiche peculiari ed invasive sue caratteristiche concrete – oggetto di specifica e non illogica motivazione -, sia ritenuta di per sé idonea a determinare l’alterazione di quell’equilibrio e frustrare le legittime pretese del genitore non affidatario” (Cass. pen., sez. VI, n. 10701/2010).

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