DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO – INSOLVENZA FRAUDOLENTA – NOZIONE ED ELEMENTI COSTITUTIVI (ART. 641 C.P.)

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In tema d’insolvenza fraudolenta, la prova del preordinato proposito di non adempiere alla prestazione dovuta sin dalla stipula del contratto, dissimulando lo stato di insolvenza, può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione e dal comportamento successivo all’assunzione dell’obbligazione, ma non esclusivamente dal mero inadempimento che, in sé, costituisce un indizio equivoco del dolo (Cass. pen., sez. II, 21.01.2015, 6847).

In relazione al delitto di cui all’art. 641 c.p., la prova della preordinazione dell’inadempimento può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione, nell’ambito del quale anche il silenzio può acquistare rilievo come forma di preordinata dissimulazione dello stato di insolvenza, quando fin dal momento della stipula del contratto sia già maturo, nel soggetto, l’intento di non far fronte agli obblighi conseguenti (Cass. pen., sez. II, 16.10.2014, n. 45654).

Integra il reato di insolvenza fraudolenta la condotta di chi tiene il creditore all’oscuro del proprio stato di insolvenza al momento di contrarre l’obbligazione, con il preordinato proposito di non adempiere la dovuta prestazione, mentre si configura solo un illecito civile nel mero inadempimento non preceduto da alcuna preordinazione. (La Corte ha specificato che la prova della preordinazione può essere desunta anche da argomenti induttivi seri e univoci, ricavabili dal contesto dell’azione, nell’ambito del quale anche il silenzio può acquistare rilievo come forma di preordinata dissimulazione dello stato di insolvenza, quando fin dal momento della stipula del contratto sia già maturo, nel soggetto, l’intento di non far fronte agli obblighi conseguenti) (Cass. pen., sez. II, 22.05.2009, n. 39890).

Si rammenta, a tal riguardo, che la dissimulazione di cui all’art. 641 c.p. può realizzarsi con comportamenti diversi, positivi o negativi, tra i quali ultimi rientrano la reticenza o il silenzio. […]Con specifico riguardo all’atteggiamento psicologico – vale a dire al dolo generico, rappresentato dalla consapevolezza dello stato di insolvenza e dall’elemento volitivo, costituito dal preordinato proposito di non adempiere – la sentenza impugnata da conto della consapevolezza da parte del P. di non poter adempiere, desumendola da elementi induttivi seri e univoci, quali sono quelli ricavati dalla reiterazione delle condotte dissimulatorie e dal persistente inadempimento, che lasciano intendere che sin momento della stipula del contratto fosse già maturo, nel soggetto, l’intento di non far fronte agli obblighi conseguenti. Risulta, dunque, correttamente colto il discrimine tra il mero inadempimento di natura civilistica e la commissione del reato, che poggia sull’elemento ispiratore della condotta, giacché il comportamento consistente nel tenere il creditore all’oscuro dello stato di insolvenza in cui si versa al momento di contrarre l’obbligazione ha rilievo, agli effetti della norma penale, quando sia legato al preordinato proposito di non effettuare la dovuta prestazione, mentre l’inadempimento contrattuale non preordinato non costituisce il delitto di cui all’art. 641 c.p. e ricade, normalmente, solo nell’ambito della responsabilità civile (Cass. pen., sez. II, 14.03.2008, n. 11734).

Ai fini della sussistenza del reato di insolvenza fraudolenta, la condotta di chi tiene il creditore all’oscuro del proprio stato di insolvenza al momento di contrarre l’obbligazione assume rilievo quando sia legata al preordinato proposito di non adempiere la dovuta prestazione, mentre non si configura alcuna ipotesi criminosa, ma solo illecito civile, nel mero inadempimento non preceduto da alcuna intenzionale preordinazione (Cass. pen., sez. II, 11.07.2006, n. 34192).

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