La persona offesa minorenne, nella specie vittima di reati sessuali, rientra nella categoria delle cosiddette vittime vulnerabili “in quanto più di altre esposta ad influenze e a condizionamenti esterni”, con conseguente valutazione in termini di debolezza della relativa testimonianza.
Le dichiarazioni del soggetto minorenne se da un lato sottostanno alle regole generali in tema di testimonianza, dall’altro richiedono che l’esame della credibilità c.d. clinica tenga conto di una molteplicità di elementi, pregiudiziali al relativo giudizio di attendibilità, quali la capacità a deporre (e cioè l’attitudine psichica a memorizzare gli avvenimenti, a recepire le informazioni, a raccordarle tra di loro e a riferirne in modo coerente e compiuto) nonché il complesso delle situazioni che attengono alla sfera interiore del minore (nella specie, ai fini della valutazione sulla capacità a testimoniare della p.o. rileva il risultato del test Wechsler, utilizzato per la valutazione del quoziente intellettivo, che mostra una capacità di rendimento verbale della persona offesa molto scarsa, in grado di frustrare la capacità “di recepire le informazioni, raccordarle con le altre in suo possesso e rispondere in modo pertinente”. Né tale deficit può ritenersi in qualche modo compensato dal risultato in termini di normalità ottenuto dal diverso test di Raven che, misurando la capacità di ragionamento astratto, “non ha risvolti sull’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto, che invece è ciò che deve essere accertato ai fini della valutazione della narrazione testimoniale”) (Trib. Reggio Calabria, sez. dibatt. pen., sent. n. 2477/2019).
Anche alla luce degli studi scientifici, oggi compendiati nella Carta di Noto quale linea guida per gli esperti nell’ambito dell’accertamento sui minori vittime di abusi sessuali nonché strumento di verifica dei dati probatori acquisiti nel processo, il giudice, al fine di stabilire la corrispondenza tra il narrato e il vissuto, deve condurre una rigida e puntuale analisi delle modalità con cui è stato condotto l’esame, delle relative risposte del dichiarante e della coerenza del percorso logico argomentativo rispetto all’età e allo sviluppo psico-fisico del teste, raffrontando il racconto con gli altri elementi probatori emergenti nel processo (Trib. Reggio Calabria, sez. dibatt. pen., sent. n. 2477/2019).
Con riferimento all’idoneità a testimoniare di soggetti minori in tema di reati contro la libertà sessuale occorre sì aversi riguardo alle metodologie e criteri riconosciuti come affidabili dalla comunità scientifica senza però utilizzare gli stessi in modo asettico e aprioristico al fine di affermare, sempre e comunque, che le dichiarazioni dei minori sono non veritiere. In particolare “l’applicazione meccanica delle regole formali che dovrebbero governare l’ascolto di un minore, presunto vittima di abuso, e delle più volte richiamate Linee Guida Nazionali, non deve concretizzarsi in una attività di valorizzazione solo di ciò che conferma l’ipotesi del falso abuso, estrapolando singole parole da un intero contesto […] Le regole scientifiche devono, senza dubbio, integrare il sapere giuridico, ma la loro applicazione non è vincolante e non possono ritenersi destituiti di valore i contenuti delle dichiarazioni di un minore sul pressochè unico rilievo della possibile carica suggestiva delle domande a lui rivolte nei diversi contesti extraprocedimentali in cui egli ha reso dichiarazioni dagli interroganti specie qualora questi non siano soggetti professionalmente esperti di protocolli e metodi di intervista di un minore”. (Nella specie il minore deve considerarsi idoneo a rendere testimonianza risultando lo stesso adeguato nello sviluppo psicofisico, con una capacità discreta di interazione con la figura adulta, una capacità di attenzione e memoria idonee, senza che siano stati riscontarti deficit di memoria, disturbi del pensiero o inadeguatezze sul piano dell’orientamento spaziale e temporale, né tendenze alla suggestionabilità) (Trib. per i minorenni Milano, sent. n. 104/2017).
Al fine di valutare la spontaneità e l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal minore che riferisca di abusi sessuali subiti occorre aversi riguardo non solo alla loro intrinseca coerenza, ma anche a tutte le circostanze concretamente idonee ad influire su tale giudizio (quali in particolare il complesso di situazioni che afferiscono alla sfera interiore del minore nonché le relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare) (Corte d’App. Milano, sez. pen. per i minorenni, sent. n. 97/2018).
In punto di suggestionabilità del minore si deve escludere che i condizionamenti dei familiari nonché la presenza di questi ultimi in sede di deposizione siano da sé soli idonei ad influenzare il racconto della persona offesa, sì da integrare il vizio di illogicità della motivazione. (Nella specie, il minore non mostra particolare tendenza alla suggestionabilità, ovvero tende a non rispondere in modo compiacente a domande che contengano già la risposta. La spontaneità, l’immediatezza e la concretezza del racconto del minore in sede di incidente probatorio, nonché la simulazione del tutto spontanea dei gesti che lo stesso aveva dovuto subire, mostrano inoltre con tutta evidenza la sussistenza del fatto di reato) (Corte d’App. Milano, sez. pen. per i minorenni, sent. n. 97/2018).
Al fine di esprimere un giudizio di attendibilità del soggetto minore occorre una valutazione rigorosa e neutrale da parte dei Giudici, con l’opportuno aiuto delle scienze rilevanti in materia (pedagogia, sessuologia, psicologia). In particolare, alla luce della disciplina contenuta nella Carta di Noto, occorrerà considerare le modalità attraverso le quali il soggetto ha narrato i fatti ai familiari, alla Polizia giudiziaria e ai Magistrati tenendo conto “delle sollecitazioni e del numero di ripetizioni del racconto, delle modalità utilizzate per sollecitare il racconto, delle modalità della narrazione dei fatti (se spontanea o sollecitata, se riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative), del contenuto e delle caratteristiche delle primissime dichiarazioni, nonché delle loro modificazioni nelle eventuali reiterazioni sollecitate” (Nella fattispecie si deve concludere per l’attendibilità intrinseca ed estrinseca del narrato della vittima che rievoca il vissuto in modo ordinato, coerente, privo di apparenti contraddizioni, contestualizzando la vicenda, descrivendo la situazione e collocandola in una dimensione spazio-temporale definita) (Trib. Reggio Calabria, sez. del Riesame, ord. 26 settembre 2016).
Un soggetto minore può dirsi suggestionabile quando il grado di influenzabilità individuale assume forme patologiche, come nelle personalità isteriche o immature. Sul punto occorre fornire adeguata e concreta riprova. Non è sufficiente quindi concludere per la sicura suggestionabilità del minore in ragione della considerazione per cui tutti i ragazzi sono naturalmente portati ad essere influenzati in ragione di uno sviluppo ancora in crescita (Trib. Reggio Calabria, sez. del Riesame, ord. 26 settembre 2016).