Nell’ipotesi di infortunio sul lavoro, con morte di una passante durante le operazioni di posatura dell’asfalto sulla strada, non può escludersi la responsabilità del presidente del consiglio di amministrazione di un’impresa edile gravando su tale soggetto un obbligo di vigilanza. Nonostante la disciplina in tema di sicurezza sul lavoro consenta un trasferimento per delega di obblighi di controllo su una gamma di fonti di pericolo “in ogni caso permane in capo ai vertici dell’impresa un dovere di vigilanza, che impone di attivare idonei sistemi di informazione e di monitorare l’attività di impresa. Rimane, poi, in capo ai vertici il dovere di impedire il compimento di fatti dannosi o pericolosi quando quegli organi vengano comunque a conoscenza di rischi in atto”.
Anche in presenza di valida delega (e non può dirsi valida la delega priva del requisito della data certa e dell’attribuzione al preposto di autonomia di spesa) il datore di lavoro non è dunque liberato dalla posizione di garanzia salve le ipotesi in cui, per le sue dimensioni, l’impresa presenti molteplici articolazioni sul territorio. Solo un comportamento abnorme o imprevedibile della persona offesa potrebbe infatti interrompere il nesso causale che avvince fatto ed evento, con esclusione dell’addebito di responsabilità nei confronti dell’imputato (G.u.p. Milano, sentenza 22.09.2016).
Contra
Va esclusa la responsabilità del presidente del consiglio di amministrazione di un’impresa edile per la morte di una passante a causa dell’investimento da parte di un rullo compressore durante le operazioni di posa di un nuovo manto di asfalto.
Non può infatti addebitarsi all’imputato né l’utilizzo scorretto del compressore, evidentemente manovrato da altri, né l’omessa installazione di accorgimenti volti a impedire l’accesso di estranei all’area del cantiere stradale. L’imputato, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società esecutrice dei lavori, non lavorava infatti sulla strada né aveva il compito di predisporre le segnalazioni relative ai cantieri stradali e ai mezzi pesanti in movimento, onere del preposto. Unico profilo di responsabilità si sarebbe potuto riscontrare laddove l’imputato avesse dato indicazione di non segnalare il cantiere stradale e i lavori in corso negando agli addetti l’utilizzo degli strumenti necessari ai fini della predetta segnalazione. Tale condotta non risulta in alcun modo provata dalle risultanze dibattimentali.
Dalla documentazione acquisita al processo emerge inoltre la piena funzionalità del macchinario al momento dell’acquisto, senza che sia dunque addebitabile il concorso nell’acquisto di un compressore stradale inidoneo all’impiego. L’irregolarità del mezzo si manifesterà infatti in un momento successivo. Viste le dimensioni della società, a cui vanno ricondotti numerosi cantieri stradali siti in varie parti d’Italia, non può certo pretendersi da parte dell’imputato la piena conoscenza delle eventuali carenze dei mezzi operativi, se non a seguito di segnalazione allo stesso pervenuta da parte del conducente o del preposto, quali soggetti che in concreto devono impiegare il mezzo. Manca agli atti la prova che qualcuno avesse informato l’imputato dell’inidoneità del mezzo all’impiego (Corte d’App. Milano, sez. V pen., sentenza n. 6865/2018 che ha riformato la sentenza di condanna del 22.09.2016 del G.u.p. di Milano di cui sopra sulla base del conferimento delle deleghe di funzioni da parte dell’appellante).