Ai fini dell’indagine sulla capacità di intendere e volere del minore infradiciottenne, stante l’assenza di una definizione normativa sul punto, occorre valutare i precedenti familiari e personali del minore, sotto l’aspetto fisico e psichico. La capacità di cui all’art. 98 cod. pen. è infatti concetto ben diverso da quello disciplinato dall’art. 85 cod. pen. essendo i destinatari della norma soggetti nel pieno dell’età evolutiva, età in cui il raggiungimento della maturità richiesta ai fini penali avviene in momenti diversi a causa delle multiformi varietà ambientali in cui tale processo di maturazione si esplica. Superata la soglia cronologica necessaria per l’acquisizione della capacità di intendere e volere, lo sviluppo fisico e sessuale non può comunque dirsi completo: se da un lato l’adolescenza porta con sé maggiori consapevolezze sotto il profilo intellettivo ed affettivo-emotivo, dall’altro è evidente la ancor non pienamente integrale capacità di volere, consistente nel potere di controllare gli impulsi ad agire e di determinarsi secondo il motivo che appare più ragionevole. In particolare dovrà accertarsi il possesso al momento del fatto più che della capacità di volere della “capacità di non volere” da intendersi quale capacità di attivare meccanismi inibitori, quest’ultima spesso carente in soggetti in età evolutiva, con conseguente attenta analisi al livello di maturità non solo biologica, intellettiva e sociale, ma anche affettiva.
Occorre inoltre aversi riguardo, oltre all’età dell’imputato, alla natura o qualità del reato contestato, ben potendo accadere infatti che il minore percepisca l’illiceità di certi comportamenti in momenti differenti a seconda della natura della trasgressione (Trib. per i