Al fine di fondare la responsabilità penale dell’imputato per reati sessuali occorre procedere ad una valutazione rigorosa della credibilità delle dichiarazioni della persona offesa.
Nella specie, tra gli elementi sintomatici di tale credibilità possono annoverarsi: la precisione e la dovizia di particolari con cui la persona offesa ha descritto il contesto spazio temporale e le modalità di realizzazione degli incontri sessuali a pagamento; la sincerità che ha mostrato sin dalla prima audizione; la fermezza con cui ha operato i riconoscimenti fotografici e de visu; la genuinità con cui ha asserito di non ricordare il cognome di un imputato. A conferma dell’attendibilità della ricostruzione della p.o. vi è inoltre la sostanziale convergenza delle dichiarazioni con quanto confidato dalla stessa alle assistenti sociali della comunità presso cui era in carico. Inoltre si evidenzia la totale assenza di sentimenti di rivalsa o di rabbia verso gli imputati a causa della mancata comprensione del reale disvalore del fatto quale vittima cosiddetta “vulnerabile”.
Pertanto “le omissioni, mistificazioni, e persino le bugie che, a tratti, la parte civile ha veicolato nel contesto delle proprie audizioni protette trovano una comprensibile “legittimazione” nel quadro di una personalità fragile ancorché disillusa, tant’è che ella stessa le ha, gradualmente, superate estrinsecando una progressiva contezza circa il peso specifico negativo della vicenda in cui è rimasta coinvolta per diversi anni” (Trib. Milano, sez. V pen., sentenza n. 7739/2019).