Le dichiarazioni rese dal fallito al curatore fallimentare non sono soggette alla disciplina di cui all’art. 63, comma 2, c.p.p., che prevede l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria da chi, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere sentito in qualità di persona sottoposta ad indagini, in quanto il curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non può essere ricondotta alla previsione di cui all’art. 220 delle norme di coordinamento al codice di procedura penale, che concerne le attività ispettive e di vigilanza. (Fattispecie nella quale venivano utilizzate in giudizio dichiarazioni rese al curatore fallimentare da un imputato nelle quali lo stesso non negava la sua qualità di amministratore di fatto della società fallita; Trib. Milano, 15.04.2013, n. 4765).