La difficoltà nel raccontare il fatto di reato non esclude di poter ritenere coerenti e costanti nel tempo le dichiarazioni della persona offesa (Trib. Milano, 20.01.2014, n. 481).
La rievocazione di un evento traumatico non segue le linee di un racconto di eventi ordinari. Da un lato, infatti, vi è la necessità di “distanziarsi” emotivamente (per evidenti ragioni di difesa psicologica) dall’evento traumatico stesso e dall’altro vi è la obiettiva difficoltà insita nel raccontare con precisione (e nei dettagli) un atto che viene percepito, prima, e rievocato poi, come complessivamente violento e traumatizzante. Sì che se qualche dettaglio può sfuggire alla rievocazione (sollecitata a distanza di tempo, con domande razionalmente e freddamente formulate a fini difensivi o anche accusatori) ciò non inficia la genuinità, l’accuratezza, la precisione del racconto che, in simili casi, non sempre soggiace alle regole di una narrazione lucida ed asettica (Trib. Milano, 20.01.2014, n. 481).